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sabato 19 Aprile 2025
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    Questione pH, le testimonianze dei dipendenti sul Gazzettino del Chianti/2: “36 anni di lavoro qui, mi sento presa in giro”

    Diamo voce, in varie "puntate" alle parole di lavoratrici e lavoratori dell'azienda che dalla Sambuca ha annunciato lo spostamento a Calenzano, Perché siano ascoltate, direttamente, le loro parole

    BARBERINO TAVARNELLE – La questione del trasferimento della pH Srl dalla Sambuca a Calenzano ormai da giorni è presente quotidianamente sulle pagine del Gazzettino del Chianti.

    Che sta seguendo questa vicenda con la massima attenzione. Che da sempre dedichiamo ai temi del lavoro e del rispetto dei diritti dei lavoratori.

    E vogliamo dare voce proprio a loro. Accogliendo una serie di testimonianze che ci raccontino come stanno vivendo questo momento. Così difficile.

    Sarà una sorta di racconto “a puntate” nel quale, di volta in volta, daremo voce a lavoratrici e lavoratori. 

    FILIPPO: “UN DEJà VU CON UN FILO CONDUTTORE, IL NOME DI MULTINAZIONALE”

    “Mi chiamo Filippo, sono un dipendente della pH – Tuv Sud da quasi due anni.

    La mia breve ma intensa esperienza in azienda la potrei definire come una sorta di
    “dejà vu reale”, dove il filo conduttore tra il ricordo e il presente ha il nome di
    multinazionale.

    Provengo da una realtà molto simile a quella attuale e speravo di essermela lasciata
    alle spalle, ma a quanto pare il termine “multinazionale” racchiude in sé un insieme
    di comportamenti asettici, ipocriti, non curanti e irrispettosi verso i lavoratori e le
    lavoratrici, che tutti i giorni, contribuiscono al suo arricchimento sul mercato e alla
    sua crescita. Arricchimento che però è completamente a senso unico.

    Personalmente ho intrapreso questa battaglia, in primis, per solidarietà verso i miei
    colleghi e colleghe che si troveranno davanti ad una prospettiva di futuro disagevole
    vista la lunga distanza che dovranno percorrere ogni giorno e dovranno fare i conti
    con il trasporto pubblico inesistente, traffico, costi del carburante non retribuiti e
    soprattutto tempo della propria vita rubato dentro un veicolo.

    In secondo luogo perché, questa volta, ho l’opportunità grazie ad un sindacato ben
    strutturato di dare un mio contributo, affinché ci si soffermi sulle misere politiche
    del lavoro che questi colossi industriali attuano sui propri dipendenti, permettendosi
    di scavalcare istituzioni locali e regionali per scopi non trasparenti e ambigui.

    Tutto questo è semplicemente inaccettabile e irrispettoso.

    Come lavoratore pH sono deluso e amareggiato di essermi nuovamente ritrovato in
    una situazione in cui mi sento considerato una cifra decimale che si aggiunge allo
    stipendio della direzione”.

    DARIA: “FRA CHI PERDERA’ IL LAVORO E CHI DOVRA’ STRAVOLGERE LA PROPRIA VITA”

    “Sono una lavoratrice della pH, assunta nel 2018. In questi 7 anni sono cambiate molte cose e sono diventata madre di una bambina e un bimbo di quattro e un anno.

    Ho deciso di radicare la mia vita e quella della mia famiglia nel Chianti, comprando casa e mandando miei figli nelle scuole del territorio.

    Purtroppo qualche settimana fa ci è piovuta addosso la decisione aziendale di trasferire la sede lavorativa a Calenzano, mal celando la propria volontà, dettata esclusivamente dal business, sotto bizzarri censimenti sulle nostre residenze.

    Oltre chi perderà il lavoro perché impossibilitato a raggiungere la nuova sede per l’evidente distanza, ci sono lavoratrici e lavoratori che dovranno completamente stravolgere la propria organizzazione familiare, già messa a dura prova dalle 8,30 ore lavorative rispetto a scuole che chiudono prima della fine del turno di lavoro.

    Personalmente ho cercato con tutte le forze a mia disposizione di oppormi al paradigma quasi obbligato della mamma lavoratrice part-time, ma con le ultime notizie sarà inevitabile, non per scelta mia ma in nome del profitto della multinazionale TUV-SUD che ci ha acquisito.

    La richiesta del part-time, col conseguente impoverimento familiare, non è lo scenario peggiore che ci si prospetta davanti. Dal compimento del terzo anno dei figli è prerogativa aziendale decidere se concedere o meno la riduzione dell’orario lavorativo.

    Come faremo a conciliare vita privata e vita lavorativa con un trasferimento di sede a 42 km di distanza dalla sede attuale?

    L’alternativa che ci rimane sono ulteriori licenziamenti, ad ora invisibili e non presi in considerazione dalla dirigenza della nostra azienda, che, come ci ha già annunciato, non si scompone e prevede di ampliare il proprio bacino di utenze con ulteriori assunzioni, sempre a minori tutele.

    Tutto ciò si verifica in un panorama italiano desolante, in cui l’occupazione femminile è al 53% contro il 69,3% della media europea. Le madri in coppia hanno un’occupazione al 57% contro 86,3% dei padri in coppia.

    Il differenziale di genere tra le retribuzioni medie è superiore di 6.000 euro all’anno a vantaggio dei dipendenti maschi. Per cui, anche nell’economia familiare, dovrà essere sempre la donna a ridurre il proprio orario di lavoro e la propria indipendenza economica per occuparsi dell’accudimento dei figli.

    Questo è l’ennesimo caso in cui i diritti delle donne sono schiacciati dalle logiche aziendali.

    Chiediamo all’azienda di ricostituire un tavolo di trattative, trasparente e leale, che ad oggi ci è stato negato e che vengano messe in campo risorse a tutela della continuità lavorativa per tutte le lavoratrici e tutti i lavoratori.

    Se così non sarà noi non abbasseremo la testa nell’indifferenza generale e andremo avanti con le iniziative di lotta in difesa dei diritti di tutte e tutti”.

    MONICA: “IL 17 FEBBRAIO HO FATTO 26 ANNI DI LAVORO IN PH…”

    “Io non sono nessuno, non sono una dirigente, non sono una responsabile di settore, non sono una coordinatrice di reparto.

    Però: il 17 febbraio scorso ho fatto 36 anni di lavoro in pH e mi piace pensare che se da 2 (così era nel 1989) siamo passati a 100, 200 dipendenti, un po’ di merito sia anche mio.

    Per questo non trovo giusto essere presa in giro, come non è giusto che vengano prese in giro quelle che nel mio vocabolario si chiamano “persone”.

    Dai colleghi RSU che hanno messo la faccia, alle autorità locali che si sono impegnate oltre il loro dovere per cercare di evitare un trasferimento ed instaurare un dialogo trasparente con la dirigenza.

    Ed è per la ricerca di questa trasparenza che, democraticamente, siamo stati costretti a far sentire la nostra voce mai così ignorata nel tempo.

    E’ la voce di chi sa già, suo malgrado, che dovrà lasciare pH, è la voce di chi sa che dovrà fare i salti mortali per adattare le dinamiche familiari alla nuova situazione, è la voce di chi ha messo anima e cuore nel lavoro e non ha il diritto di sentirsi considerato nessuno.

    Spero che il 15 aprile al tavolo regionale si possa tornare ad essere fieri di lavorare per la nostra azienda”.

    CRISTINA: “MAI AVREI PENSATO DI VIVERE UNA SITUAZIONE DI QUESTO GENERE”

    “Sono Cristina una lavoratrice pH, e una cittadina di Barberino Tavarnelle.

    Dopo 18 anni che lavoro in pH non avrei mai pensato di vivere una situazione di questo genere.

    Non mi fa piacere di avere visto comportamenti da parte dell’azienda poco condivisibili e soprattutto di avere tolto rispetto alle Istituzioni locali e regionali, ed anche a noi tutti lavoratrici/ori, vedendo l’azienda sfilarsi da un tavolo di trattative.

    Se questo è l’inizio per costruire la Ph 2.0 non mi sembra dei migliori.

    Non voglio la Ph 2.0 formata da “Unità”, ma da lavoratrici/ori come sempre è stata”.

    ©RIPRODUZIONE RISERVATA

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