BARBERINO TAVARNELLE – Si sono uniti nell’associazione Viticoltori San Donato in Poggio, che a dispetto del nome riunisce i produttori di Chianti Classico del comune di Barberino Tavarnelle.
Territorio unico, a cavallo fra provincia di Firenze e Siena. Siamo andati a trovare anche loro, per capire come stanno affrontando questo complicatissimo periodo storico.
Ne è venuta fuori una approfondita chiacchierata con la presidente Natascia Rossini, del Podere La Cappella.
Dal vostro osservatorio quanto è grave la situazione per le vostre aziende?
“La situazione è ad oggi decisamente preoccupante e di non facile gestione. Tante le incognite e le insicurezze che nascono da un momento di stallo generalizzato. La chiusura di ristoranti, enoteche e locali in genere, la paralisi delle esportazioni e la volatilizzazione del comparto turistico, fondamentale per il nostro territorio, hanno provocato un rallentamento considerevole delle vendite. Qualche spiraglio dall’e-commerce, ma i volumi sono troppo contingentati per essere considerati efficienti nel budget aziendale”.
Quali gli ambiti più complicati e dove invece si può cercare di intervenire fin da subito?
“Un effetto domino… il blocco quasi totale delle vendite porta da una parte ad un considerevole aumento delle giacenze, con evidenti problematiche di stoccaggio in vista della prossima vendemmia. Dall’altra al non remoto rischio di una compressione dei prezzi con conseguente rischio di perdita di valore del vino. E questo a mio avviso sarebbe un problema importante, oltre a un motivo di rammarico. Nella nostra denominazione negli ultimi anni sono stati fatti molti sforzi, con buoni risultati, per cercare di accrescere il valore qualitativo ed economico del Chianti Classico: sarebbe un peccato veder andare tutto in fumo. L’incertezza che ci circonda non aiuta a trovare le soluzioni più favorevoli, ma a mio avviso è fondamentale cercare di accompagnare i produttori in questo delicato momento. Con azioni atte ad agevolare la ripartenza sia turistica che delle vendite, e a contrastare la scarsa liquidità. Senza dimenticare aiuti concreti per la gestione delle giacenze e delle future produzioni di vino”.
L’essere da un lato all’interno di una denominazione con il Chianti Classico e dall’altro aver dato vita a un gruppo di vignaioli a livello locale, quanto può darvi forza?
“Io sono fortemente convinta che l’unione fa la forza. La nostra denominazione trova la sua massima espressione nel momento in cui non ne rappresenta una semplice somma algebrica di realtà divise, ma si trasforma in un megafono che comunica e fa apprezzare le incredibilmente sfaccettature di un territorio incredibile. La voce del singolo non può avere la stessa risonanza di una voce corale, e per questo credo fortemente nelle potenzialità delle associazioni in quanto portatrici di un messaggio che parla di un piccolo territorio con caratteristiche uniche. Uomini e territorio che vogliono valorizzare i propri vini puntando sulla qualità e sulla specificità. “Liberi come un albero, uniti come una foresta”: ecco il leitmotiv della nostra associazione. Per queste ragioni, ora più che mai, spero che divisioni, invidie e contrasti possano essere superati in nome del grande marchio che ci rappresenta: il Chianti Classico”.

Quali le necessità più urgenti che avete?
“La necessità più urgente al momento è la liquidità e la mancanza di un turismo di qualità. Le attività viticole, soprattutto, ma anche quelle di cantina proseguono e devono essere ovviamente sostenute”.
Come si immagina le vostre aziende e il mercato nel 2021? Come ci arriverete?
“Vorrei avere una sfera magica. Onestamente spero e credo in una ripresa, ma le incognite e le variabili sono ancora tante, troppe. E i tempi saranno purtroppo lunghi. Ma una consapevolezza ci incoraggia: la fortuna di vivere e lavorare in un territorio che tutti ci invidiano: e questo è un punto a nostro favore, oltra alla tanta voglia di voltare pagina e di impegnarci al massimo”.
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