SAN CASCIANO – La Corte di Cassazione (ovvero il terzo grado di giudizio) ha confermato le condanne comminate in Corte d’Appello (nel novembre 2023) nei confronti dei vertici e del consiglio di amministrazione di ChiantiBanca (istituto di credito cooperativo con “quartier generale” a San Casciano) e del collegio dei revisori, in carica nel biennio 2015-2016, per l’accusa di falso in bilancio.
Sono state quindi confermate le condanne nei confronti dell’ex direttore generale Andrea Bianchi (un anno e otto mesi), dell’ex vicepresidente vicario Stefano Mecocci (attuale presidente del consiglio di amministrazione di ChiantiMutua), dell’allora presidente del collegio sindacale Enzo Barbucci (un anno e sei mesi per entrambi) e dell’ex presidente Claudio Corsi (un anno e cinque mesi).
Confermate anche quelle a un anno e quattro mesi a carico degli ex membri del cda e del collegio dei revisori in carica in quel biennio.
Ovvero Aldemaro Becattini, Niccolò Calamai, Andrea Casini, Luigi Ferri, Fabrizio Fusi, Mauro Fusi, Vasco Galgani, Marco Galletti, Carla Lombardi, Claudio Tongiani e Leonardo Viciani.
La Corte di Cassazione ha invece dichiarato ormai prescritto il reato di ostacolo alla vigilanza di Bankitalia, per il quale erano stati condannati fin dal primo grado di giudizio Bianchi, Mecocci, Barbucci e Corsi.
La condanna per falso in bilancio era stata invece comminata nel secondo grado di giudizio, dalla Corte d’Appello (sia per gli ex vertici che per gli ex membri di cda e collegio dei revisori). E adesso confermata, appunto, dalla Cassazione.
Dopo il primo grado di giudizio (maggio 2011), nel quale Bianchi, Mecocci, Barbucci e Corsi vennero condannati per ostacolo alla vigilanza di Bankitalia, con l’assoluzione di tutti gli altri imputati e nessuna condanna per falso in bilancio, la sentenza venne impugnata dai magistrati che avevano condotto l’inchiesta, ovvero Luca Turco e Giuseppe Ledda.
Tra le presunte irregolarità identificate dalla Procura della Repubblica fiorentina, il nodo centrale era quello relativo alla modalità di classificazione del Btp 2046.
Un prodotto acquistato inizialmente per un valore nominale di 100 milioni di euro, tra il 30 marzo e l’1 aprile del 2015, come attività finanziaria di categoria Afs (Available for sale, ovvero disponibile per la vendita).
Ma poi riclassificato, secondo i pubblici ministeri con modalità retroattiva (sostanzialmente attraverso una modifica successiva dei verbali), come attività finanziaria di categoria Htm (Held to maturity, detenibile fino a scadenza), con un valore di 126.436.000 euro.
In questo modo, secondo la tesi dei pm accolta dal giudice della Corte d’Appello e confermata dalla Cassazione, mettendo in pratica una modifica che non era consentito fare su un atto deliberato della banca, i vertici di allora di ChiantiBanca non avrebbero riportato in modo corretto alle migliaia di soci e alla clientela quella che ai tempi era la reale situazione economica dell’istituto di credito cooperativo chiantigiano.
Nato dalla fusione (nel giugno 2010) tra la Banca di Credito Cooperativo del Chianti Fiorentino e la Banca Monteriggioni – Credito Cooperativo. E ad oggi operante in gran parte della Toscana.
Resta una “appendice”, per la quale sarà necessario un nuovo giudizio presso la Corte d’Appello di Firenze, relativa alla definizione della sospensione condizionale della pena per i componenti di ex cda e collegio dei revisori (che non è stata menzionata per errore dai giudici della sentenza impugnata), in quanto non hanno riportato in precedenza altre condanne che ne possano impedire l’applicazione.
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