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giovedì 24 Aprile 2025
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    “L’ultima settimana di vita di mio marito. Vi racconto l’Hospice di San Felice a Ema”

    Lettera coraggiosa e bellissima di Cristina Lemmi. Che racconta quanto di buono ci sia nella nostra sanità

    SAN CASCIANO – Quella che riceviamo e che, con grande piacere, pubblichiamo, è la lettera di una moglie. Che nelle scorse settimane ha dovuto dire addio al proprio marito dopo una di quelle malattie che ci fanno paura. Terrore.

     

    E che oggi vuol lasciare una traccia. Vuole dire che anche in mezzo al buio c'è qualche luce. Una luce che in questo caso si chiama Hospice di San Felice a Ema.

     

    "L'Hospice di San Felice a Ema si trova in una bellissima posizione sulla collina di Poggio Imperiale di fronte all'Osservatorio di Arcetri.

     

    E' stata una circostanza drammatica a condurmi lì, perché mio marito ha trascorso in questa struttura l'ultima settimana prima di morire: vi vengono infatti ricoverati i malati di tumore nella fase terminale della malattia, perché in hospice (ce ne sono altri due a Firenze, uno presso l'ospedale di Careggi e uno presso l'ospedale di Torregalli) si possono praticare le terapie palliative contro il dolore e alleviare così la sofferenza fisica del malato.

     

    All'interno dell'hospice opera personale medico e infermieristico del servizio sanitario nazionale, che con competenza e umanità assiste i malati e li accompagna fino alla fine rendendo il trapasso più dolce e dignitoso.

     

    Si percepisce all'interno della struttura un'aria di solidarietà e vicinanza come se malati, familiari e operatori fossero un'unica grande famiglia i cui membri sono accomunati dalla stessa dolorosa sorte.

     

    Ogni malato ha una camera accogliente e moderna dotata di servizi, che si affaccia sul meraviglioso paesaggio dei colli fiorentini; c'è addirittura una cucina comune, dove al bisogno i familiari che volessero restare di più con il proprio congiunto, possono cucinarsi i pasti ed un divano letto nella camera per chi volesse sostare la notte.

     

     

    In quella camera si ricreano le dinamiche familiari di una casa, dove gli affetti prevalgono sulla connotazione più disumanizzante e devastante della malattia e dove gli operatori sono nella stanza accanto, solerti nell'accorrere a ogni chiamata, ma rispettosi della privacy di ogni malato.

     

    Insieme ai medici e infermieri del servizio pubblico sanitario, all'interno dell'hospice operano i volontari dell'associazione FILE, per le cure palliative contro il dolore: essi accolgono le famiglie all'ingresso dell'hospice, garantiscono un servizio di assistenza anche a domicilio e forniscono e forniscono servizi di medicina specialistica, tra cui anche l'aiuto psicologico per chi ne facesse richiesta.

     

    Né il familiare né il malato vengono mai lasciati soli ad affrontare la tragicità del fine-vita. L'eccellenza dell'assistenza sanitaria non si trova dunque solo nella clinica privata, che pochi possono permettersi: questo e tanti altri costituiscono un esempio di buona sanità, che meriterebbe essere menzionato e valorizzato. Solo che la buona sanità non fa notizia".

     

    Cristina Lemmi

    di Redazione

    © RIPRODUZIONE RISERVATA

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